Tor Caldara e Torre Astura: patrimoni da preservare, tra rifiuti e speculazione edilizia
di Miriam Iantaffi
La riserva di Tor Caldara si trova a Lavinio, frazione di Anzio (Rm) ed è un luogo di rara bellezza, che un tempo si estendeva ben oltre i 44 ettari recintati, salvati dalla cementificazione. Un bosco sempreverde di querce secolari, habitat di 70 specie recensite di uccelli e decine di mammiferi, tra cui la volpe, il coniglio selvatico, l’istrice e la donnola. In un’oasi simile, un bagno in mare ci sta tutto e non vediamo l’ora di tuffarci. Per scendere in spiaggia, nella Riserva Naturale Regionale di Tor Caldara, occorre passare per uno stabilimento balneare privato -con una terrazza dalla vista mozzafiato- costruito interamente sulla roccia. Alle spalle dello stabilimento, si estende un insediamento abitativo, anch’esso con il suo carico consistente di spazzatura. Un tubo fuoriesce dalla sabbia, scaricando in mare dell’acqua. A piedi sul bagnasciuga, raggiungiamo la spiaggia libera, che mantiene dietro di sè la roccia dell’area protetta. Lasciamo lo zaino sulla sabbia e c’immergiamo in un’acqua pulita e verde smeraldo, che nulla ha da invidiare al mare delle migliori isole. Arrivano i turisti: un piccolo gruppo entra in mare fumando, e getta le cicche tra le onde. Restituiamo le sigarette, chiedendo se le abbiano perse e diciamo che il nostro mare non è un posacenere. Non sono Italiani e, poichè fingono di non capire, glielo spieghiamo in Inglese, lingua internazionale. Andiamo a stendere i teli sulla spiaggia. Cicche e oggetti in plastica l’hanno totalmente invasa. Un bimbo sui tre anni, giocando con la sabbia, si ritrova tra le dita un accendino con dei filtri sporchi. Sua madre, prontamente, lo sgrida in un’idioma che non conosciamo, gli sfila i rifiuti di mano e, invece di gettarli nel cestino della spazzatura a pochi metri, li lancia nel verde dell’oasi protetta, come fosse una discarica. Per amore del nostro mare, buttiamo nella spazzatura una serie di rifiuti non nostri, abbandonati sulla sabbia. Ricordiamo che Legambiente ha denunciato il degrado di questa spiaggia all’inizio dell’estate, rilevando un rifiuto ogni 1,4 mq. A fine Agosto la situazione ci appare ancora più critica.
Qui le assenze istituzionali si sommano alle tante inciviltà individuali. Facendo una passeggiata nella direzione di Anzio, ci si rende conto che la roccia, a lato della Riserva Naturale, è stata abbattuta per innalzare muri di cemento.Invadono l’orizzonte come mastodontici mostri, per lo più deteriorati e incompiuti. Sembra che a poco siano valsi gli arresti per occupazione abusiva degli anni passati. Il litorale romano è deturpato da quintali di metallo e cemento. L’aggressività umana si è sostituita agli scogli, che si ergevano a proteggere naturalmente la spiaggia. Una “menzione speciale” merita anche un ristorante dalle palafitte arruginite, con affondo direttamente nel mare.
Dobbiamo necessariamente passare sotto quelle colonne corrose, che scaricano in acqua quotidianamente i loro detriti, mentre camminiamo sul bagnasciuga. Al riguardo non troviamo nessuna denuncia ma soltanto buone recensioni su internet. Sembra che al romano medio piaccia tanto “magnà er pesce bono proprio sur mare”. Finché di pesce ce ne sarà ancora, nonostante la pesca illegale e tutta la plastica che la gente getta in acqua, noncurante che, grazie alla catena alimentare, tornerà nelle nostre bocche.
La spiaggia più amata dai residenti, oltre Tor Caldara, sembra essere quella di Torre Astura, che si trova più avanti, nel territorio del Poligono Militare, a Nettuno (Rm). Riusciamo ad arrivare, nonostante il navigatore impazzisca completamente, per la prima volta, insieme ai cellulari, per l’evidente carica elettromagnetica presente nel territorio. L’inestimabile valore naturalistico e culturale dell’area non frena l’essere umano dal lasciare la sua impronta: cumuli di rifiuti abbandonati sulla spiaggia. Nel mese di Luglio circa trenta cittadini di Nettuno si sono rimboccati le maniche e hanno pulito e rastrellato autonomamente la spiaggia, per restituirle il decoro che merita.
Tuttavia, a due mesi di distanza, ecco che il problema si ripresenta. Occorre innescare una nuova concezione dell’impegno ambientale, che non può riguardare sempre le solite persone civili e sensibili al problema, ma va esteso il più possibile. Noi, nel nostro piccolo, abbiamo ideato la campagna di sensibilizzazione #adottarifiuti, che consente, a chi decide di partecipare, d’ incidere sul proprio ambiente in modo semplice e duraturo.