Schiavi in Ucraina: i nuovi gulag
Gli attivisti per i diritti umani in Ucraina denunciano l’esistenza di schiavi, rinchiusi in campi di lavoro che ricordano i gulag sovietici e si trovano nelle aree controllate dai ribelli. Un rapporto appena pubblicato sostiene che almeno cinquemila persone nell’ autoproclamata Repubblica Popolare di Luhansk sono tenute in isolamento, torturate, mal nutrite, quando non affamate fino alla morte, se si rifiutano di svolgere lavoro non retribuito. Gli schiavi sarebbero dei delinquenti, arrestati per reati comuni e prelevati dalle vecchie carceri a partire dal 2014. Le loro condanne sarebbero, talvolta, state tramutate inspiegabilmente in sentenze a vita o a termine indefinito. Così, chi si trovava dentro per un piccolo furto e avrebbe dovuto uscire dopo 5 o 6 anni, è oggi schiavo nei campi di lavoro senza sapere quando potrà tornare libero. Secondo il rapporto redatto dagli Attivisti per i Diritti Umani nell’Est, esistono ben 15 colonie correzionali sul territorio della Repubblica Popolare di Luhansk, dove migliaia di schiavi eseguono i lavori più disparati. Alcuni costruiscono mobili, bare, giochi da tavolo, creano il filo spinato, oppure macinano la farina. Altri sgobbano in miniere di carbone rudimentali e pericolose, note come “kopanki”. Gli autori del rapporto hanno effettuato ben 74 interviste con detenuti, parenti e testimoni di abusi. Ne emerge una realtà difficile da immaginare in Europa, nel ventunesimo secolo, a una breve distanza da casa nostra. Schiavi costretti a lavorare 12 ore al giorno, privati di qualsiasi elementare diritto, senza alcuna assistenza sanitaria. “Impossibile per un detenuto rifiutare il lavoro”, secondo il rapporto, che elenca tre fasi di punizione per coloro che provano a ribellarsi: 15 giorni in isolamento; cancellazione di visite e pacchi da parenti; percosse e torture. I profitti derivanti dalla vendita di prodotti, realizzati dai detenuti, sarebbero distribuiti interamente tra i membri della direzione della RPL, sempre secondo le informazioni raccolte nel rapporto di denuncia. Pavel Lisyansky, Presidente dell’Organizzazione per i Diritti Umani nell’Est, dichiara: “Circa 5.000 persone lavorano come schiave tutti i giorni, al fine di preservare la loro vita, di ricevere visite dai parenti e per non morire di fame. Tutto questo avviene allo scopo di arricchire un certo gruppo di persone nella cosiddetta RPL ed è un inferno a cui il mondo civile deve porre fine.” (M.I.)
Il rapporto in lingua originale dell’Organizzazione per i Diritti Umani nell’Est
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