Referendum Costituzionale: analisi dei risultati
Netta vittoria del NO al referendum costituzionale. I dati forniti dal Ministero dell’Interno ci offrono un’immagine chiara del panorama socio politico del Paese. In Italia ha votato il 68,5% degli aventi diritto, all’estero il 31%. Tra i votanti, il 59% ha barrato NO sulla scheda, rifiutando le modifiche alla Costituzione della Repubblica Italiana, proposte dal governo Renzi. In controtendenza, in Italia, rispetto alla media nazionale, esclusivamente due regioni: Toscana e Trentino Alto Adige, dove ha prevalso il SI alla riforma. Anomala anche la circoscrizione Estero, in cui i dati risultano assolutamente ribaltati –il 64% ha votato SI-. Il NO ha stravinto invece in tutto il Sud della penisola, raggiungendo oltre il 70% nelle isole. Dato che evidenzia un malcontento con radici profonde, che è stato esasperato dalle politiche di austerity e al contempo afferma una legittima volontà di partecipazione alla Res Pubblica da parte dei cittadini. Il popolo Italiano vuole eleggere i propri rappresentanti in Parlamento e non baratta la democrazia con “sconti” al Senato. Inoltre, è vero che il Cnel, ad oggi, non ha prodotto nulla d’interessante e nessuno era preoccupato per la sua eventuale soppressione -a parte, probabilmente, i dipendenti del Cnel stesso- ma la riforma non prevedeva come e dove sarebbero stati riconvertiti i posti di lavoro di codesti eventuali nuovi disoccupati Italiani e a spese di chi –dato che sempre all’interno delle istituzioni avrebbero dovuto essere reimpiegati, con i soldi pubblici-. Per quanto concerne, invece, la tanto discussa riduzione dei senatori, che avrebbe fatto certamente gola a noi tutti, sono evidenti i punti della riforma che non hanno convinto gli Italiani: la possibile deriva autoritaria, la prospettiva paradossale di rappresentanti non scelti dai “rappresentati”, il tentativo di ridurre la partecipazione popolare. Non è piaciuta l’idea di senatori tutti “nominati” piuttosto che eletti dal popolo, così come non è stato accettato, evidentemente, l’aumento previsto delle firme necessarie da 50.000 a 150.000, per proporre una legge d’ iniziativa popolare. (M.I.)
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