themisTra il giustizialismo estremo –in cui basta un sospetto di reato per essere condannati-, e il garantismo estremo -in cui i rei vengono salvaguardati nei loro diritti, più delle vittime- esiste, o meglio dovrebbe esistere, lo Stato di Diritto. Uno Stato in grado di garantire la presunzione d’innocenza fino a sentenza del Tribunale, –nel sistema Italiano, lo ricordiamo, esistono ben tre gradi di giudizio- e al contempo capace di assicurare piena giustizia alle vittime e ai loro familiari. Come insegnano i nostri antenati, In medio stat virtus -la virtù sta nel mezzo-. C’è una via di mezzo tra il risarcire uno stragista, perché ha sofferto in isolamento e il mozzare le mani di chi ruba un tozzo di pane in un mercato. Il confronto non può essere soltanto tra estremi,  tra il gettare esseri umani dalla cima di un palazzo perché omosessuali –come spesso accade in Siria e Iraq- ed il lasciare invece liberi di delinquere stupratori e assassini –il che succede, sovente, in Italia-.

Il sistema Italiano è, notoriamente, ultra garantista, non soltanto per i tempi lunghi dei processi –che, inevitabilmente, finiscono per favorire i delinquenti- ma soprattutto perché improntato alla massima difesa del reo.

Di oggi è la notizia dell’arresto per pedofilia, a Roma, di un uomo che era stato già condannato a 7 anni, per aver stuprato delle bambine. Uscito di prigione, ha commesso lo stesso reato, con identiche modalità, su due piccole di appena 9 e 5 anni. Davvero i giudici ritengono che i pedofili possano essere recuperati e lasciati liberi di muoversi, dopo una pena detentiva breve? Si tratta di stupratori seriali, è bene non dimenticarlo. La certezza della pena, per chi commette un reato, dev’ essere un fondamento essenziale dello stato di diritto, parimenti alla prevenzione.

Se è vero che una seconda occasione non dovrebbe negarsi a chi si dimostra recuperabile –dopo aver commesso reati minori, come piccoli furti-, non è concepibile che se stermini la tua famiglia –accoltellando, a sangue freddo, tua madre e il tuo fratellino- lo Stato Italiano provveda a reinserirti nella società trovandoti anche un lavoro in tempi brevi. Erica e Omar, gli omicidi di Novi Ligure, oggi sono liberi cittadini, dopo aver scontato, rispettivamente, soltanto undici e nove anni di carcere. Hanno un impiego rispettabile, mentre tanti altri giovani, che non hanno mai ucciso nessuno, in Italia, sono disoccupati e viene negato loro un qualsiasi aiuto sociale. Non è ammissibile che la vita di un bambino e di una donna, massacrati, valga una pena tanto irrisoria, o addirittura quello che oggi, nel Belpaese, è da considerarsi un premio: il lavoro fisso. Oltretutto, cosa ci assicura che siano usciti di galera completamente rinnovati e sani, dopo appena 9 e 11 anni?

Certo, in quanto a garantismo, l’Italia è in ottima compagnia, in Europa: pensiamo alla Norvegia. Anders Breivik, per aver commesso una strage razzista ai danni di 77 persone, è stato condannato a 21 anni di carcere, pena massima nel suo Paese. A meno che non lo rimettano in libertà prima, per buona condotta, uscirà poco più che cinquantenne, quindi fisicamente in grado di nuocere ancora. Cosa ci assicura il recupero di una persona simile?  Chiaramente, le condizioni delle celle devono essere dignitose, rispettose di ogni diritto umano. Ai rei dev’ essere garantito di svolgere, a tempo pieno, lavori socialmente utili all’interno delle strutture carcerarie, per ripagare -almeno in parte- il proprio debito nei confronti delle vittime e delle loro famiglie. Ridare la libertà ad un assassino, quand’ è ancora in grado di uccidere, non ha nulla a che vedere con lo stato di diritto. L’estremizzazione del garantismo può anzi portare i cittadini a farsi giustizia da sé, dando vita ad una sorta di far west. Un tribunale ha stabilito che Breivik dovrà essere risarcito dallo Stato Norvegese, perché ha passato troppo tempo -cinque anni- in isolamento.  Del resto, se lo avessero lasciato libero negli spazi comuni, che trattamento avrebbero riservato allo stragista gli altri detenuti? Lo avrebbero forse ridotto in 77 pezzi? Nel migliore dei casi, sarebbe stato vittima di un’aggressione, esattamente com’è accaduto all’uomo, attualmente detenuto in Campania, condannato per pedofilia ai danni delle figliastre e accusato anche dell’omicidio della piccola Fortuna Loffredo. La sua compagnia è risultata indigesta perfino ai detenuti del reparto stupratori.  (M.I.)

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