Vediamo nel dettaglio le imposte sugli immobili che gravano sul cittadino medio. In Italia, chi possiede una casa, deve pagare la TASI (Tributo sui Servizi Indivisibili); la TARI (tassa comunale di smaltimento rifiuti, in passato TARSU, TIA, TARES). Occorre considerare che, se il contribuente abita in un palazzo di città, deve pagare le spese condominiali, spesso alte, che vanno ad aggiungersi alle tasse, alle imposte e alle classiche spese per luce e gas, gravando sul bilancio dei nuclei familiari. Il contribuente deve poi pagare per la manutenzione della caldaia, quando il riscaldamento non è centralizzato. Se poi riceve un terreno o una casa in eredità, deve pagare il notaio e le spese di successione; deve pagare l’IMU sui terreni. Sulla seconda casa, se il contribuente decide di affittarla o venderla, deve prima ottenere, obbligatoriamente, la Certificazione Energetica, che costa dalle 100 euro in su, secondo la parcella liberamente decisa dall’architetto, il quale, dopo le opportune verifiche, saprà stabilire a quale classe energetica appartiene l’edificio. Se il proprietario decide di non vendere la seconda casa ma di tenerla, deve pagare sull’immobile, oltre a TASI e TARI, anche l’IMU. Infine, se decide di affittare l’immobile, per poter sostenere le spese, deve dare allo Stato una parte dell’affitto percepito. Ci sono due modi di registrare un contratto di locazione: 1) sia il proprietario, sia l’affittuario, pagano i bolli di registro e il reddito percepito si andrà a cumulare a quello già dichiarato dal proprietario; 2) non si pagano bolli di registro e si utilizza l’opzione della cedolare secca, che equivale al 21% sull’affitto percepito -stabilito dal libero mercato immobiliare-. L’imposta è completamente a carico del proprietario. Esempio: se un immobile viene affittato a 800 euro mensili e si sceglie l’opzione della cedolare secca, al netto di quest’ultima, l’affitto realmente percepito dal proprietario equivale a 632 euro mensili. Se nel frattempo il proprietario ha contratto un mutuo per pagare la casa da lasciare -un domani- ai propri figli, deve restituire i soldi alle banche, con interessi che equivalgono spesso al 20% in più del debito erogato. Se invece il contribuente è più fortunato e non ha contratto nessun debito e se riesce a mettere da parte qualcosa da destinare a spese future, può depositare il suo risparmio in banca, dove il prelievo fiscale è ora fissato al 26%, senza contare le spese bancarie. Del resto, non ha importanza pagare tante tasse e imposte, quando i tributi pagati allo Stato vengono impiegati per far funzionare in modo efficiente i beni indivisibili e i Servizi utili alla collettività: Scuola, Ordine Pubblico, Giustizia, Sanità, manutenzione del verde. Spetta ai contribuenti vigilare sull’efficienza reale dei Servizi. Happy tax! (M.I.) 

 

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