TAPE #51: a teatro, il mondo di Neal Cassady e Jack Kerouac
di Miriam Iantaffi
In scena, fino al 5 Febbraio, al Teatro Trastevere di Roma, TAPE#51, riscritto per il teatro da Martina Tiberti, diretto da Raffaele Balzano -anche attore, nel ruolo di Neal Cassady-, con Pietro Pace, Vania Lai, Giuseppe Mortelliti. Lo spettacolo è un adattamento teatrale di “Visioni di Cody“, di Jack Kerouac e ci svela il mondo nascosto dietro i suoi romanzi.
TAPE#51 racconta un tratto di vita dell’autore Neal Cassady e del suo ben più noto amico Jack, scrittore cult della beat generation, che sperimenta la prosa spontanea. La storia è ambientata nel ’51 a New York, sei anni prima di On the road, romanzo con il quale Korouac raggiunge il successo internazionale. Essere “Sulla strada” è una “condizione mentale irrinunciabile”, una ricerca incessante, in un continuo divenire d’immagini, luoghi, stati d’animo. Kerouac descrive la sua terra senza filtri, con passione e talvolta ironia: “Gli Americani, impossibile dividerli dalle loro auto. Anche sulla spiaggia più bella del mondo, li troverete lì, a prendere il sole, accanto alla coppa dell’olio…” E proprio un ladro di automobili “figlio del west e del sole” è il co-protagonista del romanzo On the road: Dean Moriarty, sbandato e visionario, alla ricerca del padre alcolista ma soprattutto di uno scopo di vita più alto, al di fuori dei canoni conosciuti, che ancora non riesce a definire, tra abuso di alcool e droghe. L’uomo a cui Kerouac s’ispira nel suo romanzo, per il personaggio di Dean, è proprio il suo più grande amico: Neal Cassady, operaio, scrittore beat, più volte arrestato per furti di macchine. A lui s’ispira anche “Visioni di Cody” -da cui è liberamente tratto TAPE #51- romanzo sperimentale, scritto con la tecnica del flusso di coscienza e attraverso la trascrizione dei dialoghi, a volte deliranti e altre incredibilmente lucidi, tra Jack e Neal . Lo spettacolo, in scena al Teatro Trastevere, ci trascina nell’ atmosfera degli anni ’50, quando Neal Cassady e Jack Kerouac non sapevano ancora in che modo sarebbero riusciti a lasciare un segno nella letteratura internazionale. I due, chiusi in una stanza, registrano le loro conversazioni, per poi trascriverle, sperimentando quella che Neal (Raffaele Balzano) definisce una “padronanza del tempo, tale da poterlo accelerare o dilatare”, a seconda dell’intensità delle emozioni suscitate dall’arte. Un’arte che, afferma sempre Cassady, “ha senso quando nasce da una necessità”. La necessità di raccontare, la stessa che spinge Jack (Pietro Pace) a trascrivere le esperienze sue e dell’amico, perché è convinto che, soltanto se saprà trasmetterle, esse potranno dirsi reali, altrimenti, “sarà come se non fossero mai esistite”. I due autori dividono uno spazio fisico e mentale: progetti, tormenti, dipendenze autodistruttive e sogni, e addirittura le attenzioni della stessa donna, Evelyine, moglie di Neal (Vania Lai). Evelyine è lo pseudonimo usato nel testo per indicare Carolyine, la vera moglie di Cassady. Il personaggio femminile spezza la routine tra i due sul palco, donando alla narrazione ulteriore energia e ritmo e ben rispecchia le atmosfere beat, nelle quali presero vita le creazioni dei due scrittori. Al contempo, Bull e Danny (Giuseppe Mortelliti) conferiscono un po’ di follia al racconto. L’azione oltre il palco, tra il pubblico, degli attori secondari -i quali, in realtà, diventano anch’essi essenziali alla scena- è una scelta autorale/registica riuscita, per mantenere viva l’attenzione degli spettatori e non appesantire il racconto. Anche se all’ apparenza i due protagonisti provengono da mondi diversi -Neal ha un background popolare, Jack più borghese- in realtà hanno dei vissuti emotivi simili. L’infanzia di entrambi è stata segnata da eventi tragici. I due si specchiano l’uno nell’ altro e soprattutto hanno bisogno l’uno dell’altro per creare. Il contatto prematuro con il dolore porta Jack ad interrogarsi sulla morte. Neal, al contrario, cerca di sottrarsi al pensiero, spingendo l’amico all’ azione. Sono complementari. Lo spettacolo ci conduce nel loro mondo, anche tramite una scenografia studiata nei dettagli: mobili in legno massello dell’epoca, pianoforte, registratore, giradischi anni ’50, con su i successi jazz di sottofondo, tra bicchieri colmi di liquori e cicche. I costumi e le pettinature rievocano gli originali. Le luci fanno anch’ esse il loro gioco determinante per conferire credibilità alla narrazione. A tape#51 va, infine, riconosciuto soprattutto il merito dell’idea originale: raccontare al pubblico Italiano un personaggio sconosciuto ai più, Neal Cassady, che merita di essere ricordato. A lui si deve gran parte del successo di Jack Kerouac e della beat generation.
TAPE#51, Teatro Trastevere, via Jacopa de Settesoli 3
martedì-sabato h 21.00, domenica h 17.30
Recensione di Miriam Iantaffi, fotografie di Carlo Rondinelli.
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