Parsons Dance a Roma: non delude i vecchi esitimatori e ne cattura di nuovi
La Parsons Dance, compagnia di ballo Americana, nota in tutto il mondo, si è esibita al Teatro Brancaccio di Roma, con uno spettacolo in grado di suscitare emozioni in crescendo e affascinare un pubblico variegato, di esperti e non. Fondata nel 1985, dal coreografo David Parsons e dal light designer Howell Binkley, la compagnia è formata da ballerini di diverse etnie e personalità: Zoey Anderson, Geena Pacareu, Eoaghan Dillon, Justus Whitfield, Deidre Rogan, Shawn Lesniak, Henry Steele e l’Italianissima Elena D’Amario. La Parsons Dance porta in scena una danza in grado di mixare diversi stili: classico, tribale Africano, hip hop, acrobatico. Genio, tecnica ed espressività sono alla base di ogni coreografia. I corpi dei ballerini si muovono fluidi, raccontandoci storie di mondi vicini e distanti, nel tempo e nello spazio, attraverso diverse coreografie: “Wolfgang”, un tributo a Mozart; “Kind of Blue”, omaggio a Miles Davis; “Upend”, con musiche del percussionista Marty Beller, che unisce ritmi pop, tribali Africani e popolari Brasiliani; “Caught”, il noto assolo, amato dal pubblico, con luci stroboscopiche, sulle note di “Let the Power Fall”, musica elettronica di Robert Fripp; “Nascimento”, al ritmo di “Abertura”. Milton Nascimento è un maestro di fusione nella musica come Parsons lo è nella danza. Alterna basi di musica popolare Brasiliana a sonorità occidentali moderne. Nessuna scenografia. Costumi semplici. Tutta l’attenzione dev’essere concentrata sul ballo, all’unisono con le note e con l’illuminazione sul palco, in una fusione essenziale. Le luci sono sulla lunghezza d’onda della danza ed è tale particolarità, unita alla preparazione dei ballerini, a rendere lo show di Parsons -ad oggi- unico. Un insieme di eccellenze: della coreografia, della danza, del light design e, anche se mai nessuno pensa a nominarli, dei vari tecnici deputati all’illuminazione dei teatri durante lo spettacolo. Il disegno luci è a ritmo con le coreografie ed accompagna la dimensione atletica dei ballerini, rendendo la Parsons Dance davvero coinvolgente. L’arancione intenso ci trascina nella solarità dell’Africa, illuminando le note e la coreografia di “Upend”, mentre tenui tinte pastello colorano i movimenti dei ballerini durante “Nascimento”, introducendo il pubblico nella dimensione poetica dei passi a due. In “Caught” la fusione tra danza e light design raggiunge il culmine. Le luci stroboscopiche sono in armonia con i passi della ballerina, che si muove al massimo punto d’intensità possibile per una prestazione atletica. I passi, a ritmo di musica elettronica, sono sincronizzati infatti con le luci, per creare il suggestivo effetto della danzatrice che si libra nell’aria. L’arte del ballo diventa “magia” dell’illusione. Non a caso, “Caught” rappresenta il simbolo di David Parsons nel mondo. Il danzatore Statunitense ha ideato la coreografia per se stesso negli anni ’80 e, a distanza di oltre trent’anni, resta un cult indiscusso per il pubblico ed una prova atletica davvero impegnativa per i ballerini che riescono a portarla sul palco. Ad eseguire il noto assolo a Roma è Elena D’Amario. Basta un errore per interrompere l’incanto di “Caught“, la tensione di qualche secondo per rovinare l’effetto ottico atteso, ma la danzatrice Abruzzese interpreta la coreografia in modo perfetto. Vola sul palco, cammina nell’aria al tempo di “Let the Power Fall”. Da mozzare il fiato. Il tour 2018 non delude i vecchi estimatori di Parsons e ne cattura, certamente, di nuovi. Le prossime tappe saranno negli Stati Uniti d’America. (Miriam Iantaffi)
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