Lo spettacolo teatrale della prima cabarettista al buio ha compiuto un anno e l'abbiamo festeggiato insieme

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Aprile 2015

 

“Ciao posso toccarti?” Lo spettacolo di cabaret underground ha compiuto un anno!

di Miriam Iantaffi

“Ciao posso toccarti?” Di Elisabetta Russo, -con la regia di Marilyna Carfora, sotto la direzione artistica di Laura De Marchi-, ha compiuto un anno di vita e lo ha festeggiato al Kesbilè di Roma. La particolarità che ti salta subito agli occhi, quando entri nella sala, prima che inizi il cabaret, è una figura pelosa e composta in prima fila. Si tratta di un labrador, il cane guida dell'attrice. Attende l’arrivo della sua “umana”, insieme al resto del pubblico e la osserverà per l’intero spettacolo, senza disturbare. Elisabetta Russo è la prima cabarettista non vedente della storia d’Italia. Tre volte discriminata dalla società: perché donna, lesbica e cieca. Il suo teatro sa trasportarci in una nuova dimensione, aprendoci un occhio in più sul mondo. Dimentichiamo per un po’ tutto quello che crediamo di sapere. Chiudiamo le palpebre -riapriamole quando ci va- e ascoltiamola, entrando per qualche ora a far parte del suo vissuto, ricco di storie, tra famiglia e vuoti, voci, odori, personaggi reali e surreali, amori, incomprensioni, ironia e vittorie. Si ride, e tanto. Elisabetta, con il suo romanesco, riesce a strapparci parecchie risate su noi stessi, sul suo passato anche tragico e infine sul presente, che ogni giorno è una conquista. Ci stupiremo di quanto l’autrice/attrice, cieca dalla nascita, sappia vedere a fondo nel suo buio ed usciremo dal teatro, oltre che divertite, con qualche consapevolezza in più. La forza della comicità sta proprio in questo: nel riuscire a cogliere il pubblico nell’ attimo più indifeso, quello della risata, e insieme a tante battute, far entrare nelle menti una riflessione che non andrà più via. “In tanti momenti ho anche improvvisato” ci confida alla fine Elisabetta Russo, che entra ed esce dal copione, interagendo con il pubblico. Il monologo dell’attrice non risulta pesante, intramezzato dalle musiche dal vivo di Giusy Caimi, con note pizzicate delicatamente sulla chitarra e canzoni in grado di aggiungere poesia al beffardo racconto scenico.

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