La ragazza che suona gusci d'uova e altre imprese

IL DIRETTO

L'informazione libera

Gennaio 2015

 

 

La ragazza che suona gusci d'uova e altre imprese

di Miriam Iantaffi

 

 

Interni. Siamo state invitate in un grande locale di Roma, per una di quelle serate d’arte con protagonista la crema della gioventù Italiana e straniera. Impossibile dire di no, specie in un momento di crisi internazionale come questo, in cui c’è un inestimabile bisogno di bellezza. Il primo che incontriamo, all’ interno, è un fotografo romano con barba lunga, cappello e foulard, che ha immortalato nuvole a forma di uccellino berbero, che si formavano proprio al passaggio, guarda caso, di un uccellino berbero vero; nuvole a forma di triciclo che si formavano, sempre per caso, al passaggio di un triciclo; nuvole a forma di cinghiale, che si formavano nel cielo mentre a terra passava un cinghiale e così via per tutta una parete. Gli diciamo che ha fatto un buon uso di foto shop, credendo di fargli un complimento, ma lui ci ride in faccia e poi stizzito ci spiega che "No, per carità, nessun ritocco, ogni capolavoro è il frutto di una lunga e incessante ricerca!" Continua con le parole per diversi minuti… Il discorso se l’è preparato bene a memoria, ma cercate di non interromperlo per trovare un significato. Andiamo avanti e ci sono dei bei quadri, dignitosi, di un’Americana. Non giocando in casa, non è riuscita a portarsi i parenti e si guarda intorno, chiedendosi come mai c’è poca gente in sala, sono le 20 passate! Non sa, la ragazza, che a Roma non si cena alle 18 come nel suo paese, ma dalle 20.30 alle 23 e se vai in un locale prima della mezzanotte sei considerato Tedesco, Americano, vecchio, folle, o "giovanevecchio".

Esterni. Usciamo in giardino, dove s’è radunata la folla: stanno per iniziare i cortometraggi. Prima uno d’epoca, dove qualche attore s’è scordato di coprirsi il cellulare durante un duello di cavalieri, poi una tizia che taglia il wrustel che un tipo tiene all’altezza del ventre e lo mangia con il ketchup, mentre lui grida a mimare un’ improbabile evirazione; infine una sequenza di panorami sfocati sperimentali di fronte ai quali ti chiedi: “Perché?” Cresceranno, la speranza è il futuro. Vai avanti e ci sono le installazioni umane. Una bionda vestita di bianco grida la sua identità dentro una sorta di gabbia. Tu fai ciao ciao, con l’intenzione di andare via dalla troppa arte umana postmoderna, che resta un mistero per te… Uno di quei misteri che preferisci nessuno ti riveli.

La svolta. Mentre stiamo andando via, all’ improvviso la nostra attenzione viene rapita da una giovane orientale, che sistema un leggio in un angolo. Vi adagia uno spartito musicale. Arrossisce, con la timidezza di una ragazza non del tutto consapevole, ancora, del proprio incredibile Talento. Già, Talento con la T maiuscola, signore e signori. Quando il suo spettacolo ha inizio dà realmente un senso a tutta la serata. Il mio sarcasmo s’è esaurito un passo prima d’incontrarla, poiché seriamente mi rendo conto di trovarmi di fronte, stavolta, un autentico Genio. Si chiama Miru Shim, viene dalla Korea. Ha svuotato le uova e ha trasformato i gusci in strumenti musicali. Avete capito bene: ogni buchino sul guscio corrisponde a una nota, proprio come stesse suonando un clarinetto d’orchestra, ma la sua ancia è una vecchia cannuccia, nella quale soffia la sua arte, per trasformarla in musica. Delicatamente, senza spiegare nulla, le sue dita affusolate parlano da sole di un mondo che farebbe impallidire, al confronto, quello di Alice Nel Paese delle Meraviglie. Fino ad allora credevamo che le uova si potessero cucinare in vari modi: occhio di bue, frittata, strapazzate, sode… Credevamo si potessero tirare, ma mai avremmo immaginato d’incontrare, un giorno, qualcuno in grado di renderle uno strumento per dar vita a raffinate sinfonie. Quando Miru Shim smette di suonare, un silenzio incredulo riempie l’aria e lei si guarda intorno, con l’espressione ingenua di una che sembra chiedersi se la sua performance è piaciuta o meno. La realtà è che ci ha lasciato tutti spiazzati, in quell’ attimo di stordimento che solo un’ opera d’arte e d’ingegno vero è in grado di produrre. Ci sono voluti almeno dieci secondi, prima che l’entusiasmo per il piccolo miracolo al quale avevamo assistito, si esprimesse in uno scrosciante applauso. Mi avvicino, mentre ognuno torna al suo piccolo mondo e la ragazza che suona le uova si racconta a me, con naturalezza. Mi dice che le piace utilizzare le cose in più modi, adora dare una vita nuova e unica agli oggetti che gli altri buttano via. La sua prima performance artistica a contatto con il pubblico l’ha fatta a Seoul, in Korea, dove ha creato un eccezionale costume transformer, utilizzando vecchie scatole di cartone. Ha studiato negli Stati Uniti, al Walnut Hill School for the Arts e poi al Pratt Institute di New York, dove nel 2011 ha vinto una competizione con le sue opere. Ora studia al Rhode Island School of Design di Roma, dove prevede di laurearsi la prossima primavera. Nel frattempo, oltre a suonare magistralmente i gusci delle uova, ha compiuto altre rocambolesche imprese artistiche: insieme a una sua compagna di corso è andata a ricercare materiali di scarto e ha costruito un’imbarcazione. Una vera zattera “riciclata”, così funzionale da fare invidia a quelle dei cartoni animati, che tutti abbiamo sognato qualche volta di costruire nel corso dell’infanzia. Non c’è idea che resti nella mente della giovane Koreana senza divenire realtà. Con l’aiuto della sua amica, ha esplorato le acque del Tevere.

 

La singolare “navigazione” delle due ragazze è documentata in un video amatoriale: http://vimeo.com/115886525

 

Nel video seguente, invece, ecco Miru Shim che suona, a scuola, un guscio d’uovo creato da lei. Siete invitati a vincere ogni scetticismo. Se io non l'avessi vista dal vivo non ci crederei, ma, ripeto, l'ho vista e sentita e posso assicurarvi che suona leggendo lo spartito musicale, senza trucchi né inganni: http://vimeo.com/113587648

 

Auguro a quest’artista il meritato successo, sperando che continui sempre a sorprenderci con la naturalezza di cui è capace.